Nel
mondo si registra un suicidio ogni 40 secondi, per un totale
di quasi un milione di decessi allanno. È un
dato sconvolgente che risulta più elevato rispetto
alla somma dei decessi causati da guerre e da omicidi. Questi
numeri sconfortanti e, lasciatecelo dire, sconcertanti,
sono stati forniti dallOMS, lOrganizzazione
Mondiale della Sanità, il 10 settembre scorso in
occasione della Giornata mondiale per la prevenzione
del suicidio, organizzata dalla Iasp, Associazione
Internazionale per la Prevenzione del Suicidio, in collaborazione
con la Federazione Mondiale per la Salute Mentale. Una iniziativa,
questa, che ogni anno mira a richiamare lattenzione
attorno al problema dei suicidi. Nellanalisi della
questione spiccano le problematiche connesse alla diffusione
del fenomeno tra la fascia più giovane della popolazione,
gli adolescenti.
Nel
nostro Paese il suicidio risulta essere la seconda causa
di morte tra i ragazzi dai 15 ai 25 anni, subito dopo gli
incidenti stradali. Si parla di 1000-1500 tentativi di suicidio
allanno, ma il dato è probabilmente sottostimato
in quanto molti casi vengono occultati dalle
famiglie. non si conoscono i numeri precisi,
ha premesso lo psicologo Gustavo Pietropolli Charmet, uno
dei principali conoscitori di adolescenti a livello mondiale,
ed i casi noti sono probabilmente risibili rispetto
alla realtà in quanto molti episodi vengono tenuti
nascosti a causa dellalone di vergogna che li circonda.
Accade così, ad esempio, che una caduta dalla finestra
diventi un incidente imponderabile o che le assunzioni incongrue
di farmaci ricadano tra gli infortuni domestici,
senza purtroppo ragionare approfonditamente non tanto sui
tragici effetti quanto piuttosto sulle cause di simili gesti
che spesso nascondono realtà gravi ed importanti.
Il
fatto che il numero dei suicidi in Italia ponga il nostro
paese dietro a Francia, Inghilterra e Stati Uniti non deve
consolare e soprattutto non deve portare a minimizzare la
portata di questo dramma: in italia ci sono meno armi
di quante non ci siano, ad esempio, negli Stati Uniti; pertanto
è meno facile che il suicidio avvenga per mezzo di
armi da fuoco. Sempre in italia è prassi che le confezioni
di medicine non abbiano farmaci letali in una unica dose,
così come fortunatamente molti detersivi contengono
una sostanza che provoca nausea ed una sorta di lavanda
gastrica immediata.
È
evidente che discutere e filosofeggiare sui metodi del suicidio
rappresenti un inutile tentativo di procrastinare la vera,
importante domanda da porsi, quella del perché si
arrivi a pensare, a progettare e a mettere in atto questo
gesto insano. Charmet, al riguardo, avverte: Attenzione!
Chi è alla ricerca di risposte sicure sulle cause
e sugli effetti, si fermi allistante: non esiste alcuna
ricetta in merito. il suicidio non è sintomo di una
malattia o della depressione, anche se è indubbio
che in una minima parte dei casi esista questo collegamento.
il suicidio nulla ha a che vedere con la psicopatologia.
Tra i giovani, il fatto di essere adolescenti è il
principale fattore di rischio. Daltra parte, la fantasia
della morte o del suicidio ha attraversato sempre ladolescenza
quasi fosse un passaggio obbligato.
Il
particolare periodo che tutti attraversiamo nel cammino
che porta alletà adulta è infatti costellato
di pericolosi pensieri e di fantasie che, purtroppo, gli
adolescenti arrivano talvolta a cercare di attuare: immaginare
il proprio funerale con gli adulti cattivi e severi che
sono finalmente disperati ed affranti, è una sorta
di punizione che tantissimi ragazzi hanno immaginato ed
immaginano. Al punto che questa fantasia, in alcuni casi,
evolve in progetto e porta alla realizzazione del suicidio.
Lassociazione
Lamico Charly ha raccolto centinaia di
questionari nei quali è stato domandato agli adolescenti
se avessero pensato concretamente alla morte ed a provocarsela.
Molti hanno risposto di sì e le cause, come al solito,
si sono rivelate molteplici. In una società come
la nostra dove lapparire è sempre più
importante, tra le possibili spiegazioni pare percorribile
quella della mancata accettazione da parte degli adolescenti
del proprio corpo in trasformazione che da agile e bello,
con gli anni, subisce deperimenti che costringono a pensare
alle malattie ed alla morte. Diversi ragazzi e ragazze non
ne accettano lidea e spesso da ciò sia avvia
il pericoloso rifiuto del proprio fisico, rifiuto che si
concretizza nella ricerca di un dimagrimento spesso sconsiderato,
oppure nel tentativo di modellare o modificare la propria
fisicità con tatuaggi, piercing, sostanze anabolizzanti
per aumentare la massa muscolare.
I
genitori, davanti a simili argomentazioni, spesso sono portati
a minimizzare ed a pensare che sì, sono cose
che accadono, ma ai miei figli no, non è possibile.
Sono
proprio i genitori che, secondo Charmet, non devono abbassare
la guardia né tapparsi le orecchie seguendo
stupidamente i dettami di una società che rifiuta
di prendere in considerazione la malattia, la morte ed il
suicidio. È illogico pensare che non citando
la parola morte se ne possa scongiurare la relativa azione.
Lunico modo per evitare simili pericoli è quello
di educare alla morte, intendendola come parte della vita
stessa, come si faceva un tempo quando, alla morte di un
parente, si andava alle veglie funebri e ci si relazionava
con levento luttuoso diversamente da quanto accade
oggi quando ci troviamo davanti acadavere. Ci sono infinite
occasioni educative in cui il figlio può sentir parlare
della realtà della vita ed accettare lidea
della morte senza pensare a questultima come soluzione
al dolore ed alle delusioni.
Non
bisogna sottovalutare alcuni segnali che, involontariamente,
i ragazzi più vulnerabili e più fragili lasciano
ad avvertimento delloscuro pensiero: frasi scritte
nei diari, messaggi o lettere lasciate aperte per quello
che io chiamo occultamento di caso a segnalare una situazione
di malessere che non va inascoltata. A volte bastano piccole
mortificazioni sulla scuola, tra gli amici o nellambito
sportivo a rappresentare insormontabili difficoltà
che i genitori non devono drammatizzare ma neppure banalizzare,
valorizzando questo momento di presa datto di un problema
dal quale partire per stabilire un dialogo fatto di ascolto
e di interscambio figli/genitori.
Gustavo
Pietropolli Charmet
Laureatosi
in Medicina presso lUniversità di Padova, ha
proseguito con una Specializzazione in Psichiatria allUniversità
degli Studi di Milano.
È
docente di psicologia dinamica alluniversità
Statale di Milano dal 1985.
Giudice
onorario presso il Tribunale dei Minorenni, presidente dellIstituto
di Analisi dei Codici Affettivi Minotauro, del
Centro Aiuto alle Famiglie e al bambino maltrattato, è
inoltre responsabile scientifico dellassociazione
Lamico Charly e direttore scientifico
della collana di Franco Angeli Adolescenza, educazione,
affetti.
Tra
le sue numerose pubblicazioni:
-
L'adolescente nella società senza padri (a cura di),
(Unicopli, 1990)
-
Culture affettive in adolescenza (Cuem, 1991)
-
Adolescenti in crisi, genitori in difficoltà (Pietropolli
Charmet G., Riva E.), (Franco Angeli, 1995)
-
Un nuovo padre. il rapporto padre-figlio nell'adolescenza
(Mondadori, 1995)
-
Amici, compagni, complici (Franco Angeli, 1997)
-
Adolescente e psicologo. La consultazione durante la crisi
(Franco Angeli, 1999)
-
Segnali d'allarme. Disagio durante la crescita (Mondadori,
1999)
-
Piercing e tatuaggio. Manipolazioni del corpo in adolescenza
(Petropolli Cahrmet G., Marcazzan A.), (Franco Angeli, 2000)
-
I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte a una sfida
(Raffaello Cortina, 2000)
-
Ragazzi sregolati. Regole e castighi in adolescenza (a cura
di), (Franco Angeli, 2001)
-
La cultura affettiva in un percorso terapeutico (Bollati
Boringhieri)
-
Recentemente ha pubblicato con Mondatori non è
colpa delle mamme