Alla
vigilia della stasi estiva sono state molte le notizie che hanno
suscitato interesse, oppure perplessità, ma su due desideriamo intervenire,
anche perché riguardano entità oltremodo significative del nostro
settore.
Il
comunicato ISOL FENIOF che avvertiva
del nuovo Contratto di lavoro
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La
più eclatante è quella annunciante la costituzione di una nuova
Associazione di categoria, che come primo atto ha lanciato “via
etere” un nuovo contratto di lavoro sostitutivo di quello vigente
e destinato ad imprese funebri, marmisti, produttori, ed ad ogni
azienda correlata a tali attività (ambulanze, assistenza sanitaria,
ecc.?).
Ne
conoscevamo la fonte, ma non i contenuti nè le controparti sindacale
contraenti, ma appena diramato il nostro primo commento al riguardo
- decisamente critico, anche se giuridicamente ineccepibile - abbiamo
ricevuto immediatamente dagli interessati copia di una base d’accordo
(in realtà molto parziale) dove apparivano i firmatari, ma nulla
sul testo contrattuale, che poi abbiamo rintracciato da altra autorevole
fonte, nel suo esatto articolato.
Il verbale d’accordo per
l’avvio di un
nuovo contratto di lavoro
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Nulla
di male, l’abbiamo sempre detto: se non vogliamo i monopoli nell’attività
che rappresentiamo, non possiamo neppure pretendere di avere il
monopolio della sua rappresentanza.
Va
da sé, però, che un contratto di lavoro crea un rapporto complesso
fra imprese e dipendenti, che non può semplicemente limitarsi a
ricercare la convenienza di una delle parti, nel nostro caso quella
dei datori di lavoro, come sembra emergere dagli annunci apparsi
al riguardo che sancivano semplicisticamente, preceduti dalla dizione
“fatti, non parole”:
-
Un nuovo contratto nazionale di lavoro molto più conveniente!…
-
Assunzione di personale senza scatti di anzianità e XIV!…
-
Pagamento delle sole ore effettivamente lavorate!…
-
Risparmi sul costo del lavoro dal 20 al 30%!…
In
realtà, ad una prima lettura del contratto, non sembra proprio che
sia così, anche perché esso, in definitiva, è normato da ben 63
articoli sostanzialmente complessi a fronte del 75 previsti da Contratto
della FENIOF.
L’altra
notizia che ci ha quantomeno resi perplessi è la ripresa, da parte
della rivista “Oltre” di un argomento trattato dall’Informatore
a più riprese e che pensavamo già chiarito con quanto da noi pubblicato
in luglio.
Il
Segretario Generale Federcofit, Giovanni Caciolli, riallacciandosi
ad una nostra frase parziale e avulsa dal contesto dell’intero articolo,
si erge a difensore del buon nome della categoria affermando che
“di tutto ha bisogno l’imprenditoria funebre ma sicuramente non
di queste sciocchezze, offensive per il buon senso e per tanti operatori
che svolgono la loro attività a Roma, Milano, Torino, Bologna, Treviso,
Bari, e in tante altre città ed in numerosissime realtà territoriali
e regionali.”
Risultano
esserci (più o meno):
-
un centinaio di “operatori” a Milano;
-
un’ottantina a Torino;
-
una ventina a Bologna (dove però, su di una popolazione equivalente
a un terzo di Torino, opera un’azienda pubblica che è stabile sul
30% dei servizi);
-
attorno ai 150 a Roma, e così via…
In
tali numeri trova l’essenza stessa della nostra affermazione, perchè
non c’è dubbio alcuno che parte di essi opera e sopravvive solo
ed in quanto fa uso “…dell’accaparramento, della caccia al morto,
delle tangenti, delle occupazioni illegittime dei nosocomi, del
mercimonio che avviene nei corridoi delle camere mortuarie, delle
corse dietro alle ambulanze, delle connivenze con gli assistenti
ai malati immaginari” (OLTRE: n. 1/2002 pag. 3/4).
Proprio
le imprese o agenzie che svolgono coerentemente il loro lavoro sulla
base di un proprio codice deontologico e senza utilizzare tali metodi,
conoscono questa situazione e non possono che convenire sulle affermazioni
dell’Informatore, con il quale Caciolli cerca, senza riuscirci,
di polemizzare.
Rilevare
il fenomeno, quindi, cercare di individuare alcune ragioni, e suggerire
qualche “mossa” per potervi provvedere, pensiamo sia uno dei compiti
delle Federazioni (come si vede usiamo il plurale e non il singolare),
pur nella consapevolezza che la strada è lunga, difficile e fortemente
complicata anche dalla situazione contingente e dall’inadeguatezza
delle norme vigenti.
Sempre
sull’intervento di Caciolli rileviamo un’altra frase per lo meno
strana, nel contesto dell’argomento trattato: “Vogliamo osservare
che il livello di regolarità dei servizi funebri svolti tramite
organizzazione complesse quali i centri servizi o i consorzi è molto
elevato, forse molto più elevato di quelli svolti da tante cosiddette
‘imprese vere e proprie’, con un rispetto per i dolenti che
non ha nulla da invidiare a quello di altri operatori”
Niente
da dire; solo che il problema non è lo svolgimento del servizio
una volta assunto e commissionato; il vero problema è a monte, cioè
in che modo l’operatore (che poi si servirà dell’”organizzazione
complessa”) ha contattato la famiglia e con quali modalità ne
ha potuto ricevere il mandato.
Non
crediamo che Caciolli abbia omesso questo aspetto solo per distrazione…
Meditate,
gente… meditate!
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