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IL TEMA




Avventurieri e imprese strutturate
a cura di Alessandro Bosi


“Carissimi, lavoro con impegno nel settore funebre da otto anni, seguendo le orme di mio padre, di mio zio e di mio nonno in una attività nata negli anni ’60. Noto come stia cambiando il mercato, specialmente quello dei veicoli funebri; non so da voi, ma qui in Puglia sta prendendo piede l'usanza di "affittare" (con prezzi a volte davvero vergognosi) il carro per il servizio funebre, per cui vediamo nascere “come funghi" nuove agenzie. Altri giovani come me, sicuramente intraprendenti, hanno la possibilità di aprire una impresa funebre con qualche cofano, qualche imbottitura ed un pezzetto d'ufficio; non hanno mezzi propri, non hanno tutte le spese che comporta un normale parco macchine ed operano in modo spesso discutibile, togliendo lavoro a noi agenzie "fornite" e facendomi temere un abbattimento di costi per eliminare la concorrenza. Un bel problema, per fortuna non mio al momento, che la mancanza di una regolamentazione precisa nel nostro settore non aiuta certo a risolvere. Dovremmo metterci in condizioni di vantaggio rispetto alla nascita di nuove attività, qualificandoci professionalmente per evitare di "sputtanare" il settore. Allo stato attuale chiunque, senza particolari investimenti economici, può essere titolare di una impresa funebre. Per avere la licenza ad operare dovrebbe essere obbligatorio almeno avere frequentato un corso di formazione e possedere un minimo di parco macchine, anche per non limitare il mercato di queste ultime. Ci scaviamo da soli la fossa sotto i piedi. Una semplice domanda: cosa si può fare per evitare tutto questo? Come mi risponderete, se mi risponderete?”.

La nostra posizione al riguardo dovrebbe essere nota a tutti da anni. Da quando è intervenuta la cosiddetta “liberalizzazione” delle licenze abbiamo assistito ad una prolificazione di imprese funebri (o di agenzie) su tutto il territorio italiano. Ciò non ha contribuito a qualificare l’offerta di servizi, ma, al contrario, ad abbassarne la qualità e i criteri di esecuzione, nonché ad aumentare l’aggressività con la quale le nuove imprese tentano di accaparrarseli. Stiamo di fatto assistendo ad un fenomeno assolutamente negativo che mal si concilia con gli intendimenti del legislatore il quale, liberalizzando (come sta accadendo in questi giorni in altri settori ancora “protetti”), ha creduto di avere individuato una strada per creare nuove realtà imprenditoriali, per calmierare i costi e per stabilire regole corrette in termini di concorrenza e di mercato. Nulla di tutto ciò è accaduto. Anzi! Come da lei esposto con assoluta chiarezza, molte nuove imprese nate all’indomani della liberalizzazione, trovandosi ad operare in un settore già molto affollato, hanno spesso adottato comportamenti non corretti volti ad accaparrarsi una fetta di mercato. I più evidenti fra questi sono senz’altro quelli evidenziati nei recenti episodi di cronaca (presenza negli ospedali, tangenti e mazzette per ottenere informazioni sui decessi, …), così come le pubblicità di servizi funebri a prezzi impossibili (si sono visti funerali completi a 650 euro!) che, agli occhi dei cittadini, fanno apparire esose ed ingiustificate le richieste delle imprese strutturate presenti sul mercato da anni. Così, senza fermarsi a riflettere su come sia possibile esibire simili tariffe, questi “avventurieri del mercato”, un po’ alla volta, si sono accaparrati la clientela e stanno costantemente arrecando danni irreparabili a tutto il comparto.

Se cittadini e istituzioni valutassero compiutamente l’operato di questi soggetti, scoprirebbero facilmente che una impresa funebre anche minimamente strutturata (sede, uomini e mezzi) con tali tariffe non riesce neppure a coprire i costi. Figuriamoci poi ottenere un benché minimo guadagno! È evidente che essi operano senza personale regolare, talvolta senza neanche una sede, ma solo con un cellulare, riuscendo ad accaparrarsi i servizi con sistemi discutibili che affossano la credibilità di tutta la categoria.

Feniof si adopera da anni per trovare soluzioni a questa dilagante problematica. Non per contrastare la nascita di nuove imprese, sia ben chiaro, perché se una impresa funebre intende porsi sul mercato nel rispetto delle regole (ovvero con sede, mezzi e personale regolare) e dunque assumendosi anche i relativi rischi d’impresa, non c’è alcun problema! Il problema sono i soggetti che nascono senza la volontà di crescere, senza credere nell’attività, operando con stratagemmi e con mezzucci, senza rispettare regole e norme operative e fiscali, che turbano la libera concorrenza, il mercato e i diritti dei dolenti.

“Cosa si può fare per evitare tutto questo?”. La domanda è sintetica e chiara. La risposta, non potrebbe essere diversamente, è invece molto articolata.

In presenza di una normativa che non contingenta la nascita di nuove realtà imprenditoriali, l’unica soluzione efficace (anche se presuppone l’impegno dei comuni ad effettuare controlli) è quella di individuare i requisiti per le imprese funebri attraverso le normative nazionali o regionali. Lombardia ed Emilia Romagna lo hanno già fatto con proprie leggi e con propri regolamenti. Lo Stato ha da anni in discussione disegni di legge che, seppur non declinando in dettaglio i requisiti strutturali delle imprese, iniziano a parlare della definizione dell’attività funebre, primo passo verso una qualificazione e un riconoscimento della professione. Attualmente un disegno di legge presentato al Senato (S504) prevede tali argomenti, ma le speranze che possa proseguire il proprio iter d’approvazione in tempi brevi sembrano davvero poche. La strada delle normative regionali diviene quindi ancora più interessante in quanto potrebbe consentire anche alla sua regione di regolamentare compiutamente l’attività funebre e i soggetti in essa impiegati.

Rilevo con piacere che quanto Feniof argomenta da anni nei diversi tavoli istituzionali a livello regionale e centrale trova conferma nelle premesse della sua lettera.

Mi consenta però di esternarle un appunto rispetto a quanto da lei esposto. Se i requisiti strutturali per le imprese funebri dovessero ricondursi unicamente all’aver frequentato un corso di formazione ed alla disponibilità di un minimo di parco macchine, nulla cambierebbe rispetto ad oggi in quanto sarebbero requisiti facilmente ottenibili da chiunque: basterebbe dotarsi di carri funebri di 20 anni fa, dal costo residuale, per ottenere il requisito e poi continuare a lavorare con i sistemi di prima.

Quando lei parla di corsi professionali introduce un elemento fondamentale del discorso: il personale. Una impresa funebre può avere dieci carri funebri, una o più sedi, un magazzino, una autorimessa, ma se non ha personale in numero sufficiente per eseguire il servizio funebre (badi bene, non solo il trasporto!), come può svolgere un funerale? Ben vengano i corsi di formazione professionale, purché definiti con serietà in termini di contenuti e di durata, perché introducono automaticamente la necessità di utilizzare uomini preparati ad eseguire le mansioni loro richieste nell’ambito del funerale (non solo il trasporto, ma anche la consegna della cassa, la vestizione, l’incassamento). Senza uomini come si può svolgere il servizio funebre? Cominciamo a parlare anche di questo e non solo della necessità di possedere (o di avere la disponibilità) di carri funebri all’ultima moda.

La crescita delle vostre aziende deve essere assicurata da norme che le tutelino, a partire dalle autorizzazioni ad esercitare l’attività funebre.

Comprenderà certamente il significato di tali argomentazioni.

Se le normative regionali o nazionali iniziassero a prevedere requisiti minimi strutturali e di personale per le imprese che intendono esercitare l’attività funebre, certamente l’avventuriero di turno, che sino ad oggi ha potuto affacciarsi a questo settore senza investimenti né costi di alcun tipo, prima di intraprendere una attività dagli oneri certi e dagli esiti incerti (a meno che non lo faccia con decisione, con volontà e con serietà), difficilmente correrà i rischi connessi a tale scelta. La qualificazione delle imprese funebri e l’atteso riconoscimento da parte dell’opinione pubblica passa necessariamente da qui.

La ringrazio per avermi consentito di ribadire la nostra posizione.

La saluto con viva cordialità.