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IL TEMA




I recenti episodi di cronaca
a cura di Alessandro Bosi


Da un certo punto di vista avremmo dovuto aspettarcelo. Il piatto era talmente ricco da risultare quasi stupido non approfittarne. Mi riferisco ai redazionali scandalistici che, credo, tutti abbiamo avuto modo di leggere sui giornali e di sentire o di vedere in radio e in televisione a seguito degli episodi di malcostume emersi nella indagine condotta dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Torino Giuseppe Ferrando o in situazioni analoghe occorse anche in altre province (ad esempio Ravenna).

Dopo meno di un mese dal caso “Molinette”, il 26 febbraio è apparso sul quotidiano “Repubblica” un articolo di Paolo Berizzi che ha, per così dire, accentuato l’attenzione dell’opinione pubblica sul settore funebre e sui comportamenti, certamente illegittimi e criminosi, adottati da diversi soggetti al fi ne di trarre informazioni utili all’accaparramento dei servizi funebri (e non solo).

“Tutte le tangenti sul caro estinto. Così i morti fanno campare i vivi”, titolava il redazionale di Berizzi. Costui, forse sollecitato dallo scoop e dalla notorietà che poche settimane prima aveva riscosso il collega Fabrizio Gatti de “L’Espresso” con l’inchiesta sulle condizioni del policlinico Umberto I di Roma, ha pensato di fare una indagine analoga facendosi assumere per una settimana da una impresa funebre di Bari (sull’identità della quale c’è una fastidiosa e, forse, maliziosa omertà) per rilevare “sul campo” non quanto di positivo può esservi nell’esercizio di un mestiere certamente non ambito quale quello di necroforo, ma unicamente le azioni e i comportamenti illeciti ed eticamente discutibili che, con un qualunquismo generalista, Berizzi attribuisce come regola operativa comune a tutte le imprese (non è chiaro se solo di Bari o di tutta Italia).

Nel mirino di Berizzi sono dunque finiti gli impresari di onoranze funebri, i medici, gli infermieri, i barellieri, i necrofori, gli autisti delle ambulanze ed i loro colleghi del soccorso stradale, i responsabili degli ospedali pubblici ed i centralinisti delle cliniche private. Tutti additati come avvoltoi che, al momento del decesso, si avvicendano a vario titolo intorno al cadavere per ottenere quello che l’inviato chiama “il caffè”.

Certo, la fotografia che emerge dall’indagine ha elementi che non ci sono del tutto nuovi. Se è vero che la maggior parte dei decessi avviene nell’ambito di strutture sanitarie, è evidente che, complice l’assenza di adeguati controlli, nel tempo si sono individuati, strutturati e consolidati sistemi illegittimi e criticabili, da parte di imprese senza scrupoli, volti all’accaparramento dei servizi funebri.

Il fenomeno, dunque, non è nuovo: lo conoscono gli operatori, lo conoscono le direzioni sanitarie, lo conoscono le amministrazioni comunali e regionali, lo conosce bene anche lo Stato che da più di dieci anni riceve, anche da parte di Feniof, lamentele al riguardo e solleciti per l’approvazione di normative che consentano di legittimare maggiori controlli e di erogare sanzioni anche importanti.

All’indomani dell’articolo di Berizzi Feniof è stata contattata da Rai Radio1 che, nell’ambito del programma del mattino “Radio anch’io”, ha prontamente previsto una trasmissione di circa un’ora sull’argomento “caro estinto”.

Otre al sottoscritto erano presenti al programma, guidato dal bravo giornalista Stefano Mensurati, il Sostituto Procuratore della Repubblica Giuseppe Ferrando, Luca Munari dell’Ospedale Niguarda di Milano e Valentina Corvino di Help Consumatori. La trasmissione, condotta in modo intelligente e tutto sommato imparziale, ha però evidenziato i limiti di simili programmi che si palesano nel limitato tempo a disposizione per rispondere e, soprattutto, nel dover udire esternazioni del tutto opinabili e criticabili senza avere modo di ribattere e magari dover invece rispondere (quando chiamati in causa) a quesiti su tematiche e su questioni di importanza residuale.

Fortunatamente l’intelligenza e l’obiettività di alcuni interlocutori hanno consentito di prendere le difese dell’imprenditoria sana che crede in questo lavoro e che si adopera per contrastare simili criminosi fenomeni. In supporto a quanto asserito da Feniof è venuto, anche se in modo indiretto, l’intervento di Ferrando che, relazionando sull’indagine condotta all’Ospedale Molinette di Torino, ha sottolineato come i fenomeni di sciacallaggio e di spoliazione di denaro e di oggetti dai defunti che Berizzi qualunquisticamente definiva prassi comune in tutta Italia, in realtà non sono stati rilevati dalla indagine torinese (condotta, per altro, per diversi mesi e non solo per pochi giorni).

Feniof ha avanzato, pur con un tono provocatorio volto a scuotere l’opinione pubblica, proposte concrete per fare in modo che simili comportamenti, seppur difficilmente scongiurabili nella totalità, vengano almeno ostacolati con il supporto di una normativa nazionale che li vieti, nero su bianco, e che dia luogo a sanzioni pecuniarie pesanti e ad azioni più definitive quali la revoca della autorizzazione ad operare.

Le argomentazioni di Feniof sono, credo, ampiamente condivisibili. Se il testo del ddl AS3310, che tutti attendevamo venisse approvato nella passata legislatura, avesse concluso il proprio iter si sarebbero gettate solide basi per avviare una sorta di “pulizia” del settore e, se non altro, per dotare gli enti preposti di una normativa forte a tutela delle imprese funebri sane e dei diritti dei dolenti. La legge avrebbe avuto inoltre una ulteriore valenza, la certezza di sanzioni e di conseguenze penali anche pesanti per i soggetti colpevoli di comportamenti illegittimi.

Ora, se il testo dell’AS3310 era stato già approvato da Camera e Senato, evidentemente l’articolato ivi contenuto godeva di una certa condivisibilità. Cosa occorrerebbe, dunque, per riprendere quel testo e, con la buona volontà del caso, dargli quell’ultima “spinta” affi nché divenga legge di Stato? Il disegno di legge ha solo cambiato nome, ma è attualmente catalogato come AS504. Forse l’informazione data da Feniof alla cittadinanza sull’attuale immobilismo politico nei riguardi del settore funebre e della necessità di una normativa aggiornata (a vantaggio di tutti) può avere aperto gli occhi a qualcuno. O forse no. Il dubbio sorge spontaneo. Nell’intervista del 27 febbraio quando, dopo interventi di diversi relatori, la parola è passata a Valentina Corvino di Help Consumatori che, evidentemente, senza fare tesoro di quanto udito, ha voluto come di consueto ricondurre la discussione alla questione dei costi e dei comportamenti illeciti degli impresari funebri per raggiungere i maggiori guadagni possibili. Premesso che l’intervento era assolutamente fuori tema perché si stavano analizzando ben altre problematiche, le sensazioni condivise da me e da molti associati che mi hanno contattato dopo la trasmissione, sono sempre le medesime:

- le proposte da soggetti esterni al settore per migliorare l’attuale situazione sono poche, se non nulle, ed è più facile denunciare che proporre idee o soluzioni intelligenti e concrete;

- la conoscenza del nostro settore da parte di chi ne sta all’esterno è minima;

- la certezza che parlando di costi esorbitanti si ottenga notorietà e consensi da parte dell’opinione pubblica è evidente e, dunque, indagini simili dal taglio scandalistico saranno certamente replicate;

- il qualunquismo dei giornalisti che intervengono sulle nostre problematiche settoriali è davvero preoccupante.

La domanda della Corvino sul perché Feniof non intervenga a controllare l’operato delle imprese funebri è sconcertante, tanto che, nel chiederlo, la stessa Corvino si è poi interrogata sul fatto che la propria domanda potesse essere fuori luogo. Ma, scusate, siamo un ente di Polizia o una associazione di categoria? Le Procure, i Carabinieri, i Comuni (che in diverse regioni, grazie anche alle leggi regionali, hanno espressamente l’obbligo di vigilare sull’attività funebre), cosa ci stanno a fare? Se il settore ha storiche problematiche, il problema sta nel fatto che Feniof non veste (e come potrebbe?!) i panni del poliziotto? Ma perché si lascia spazio ad interventi di questo tipo? No comment. La Corvino, prima di sollecitare Feniof a maggiori controlli sui propri associati, è a conoscenza di quanto la Federazione ha fatto e sta facendo oppure avanza quesiti a caso, senza essersi prima adeguatamente documentata?

Se si fosse informata, la Corvino avrebbe compreso (si spera) che Feniof non è il nemico da combattere, ma la Federazione da sostenere per gli obiettivi condivisibili che si è posta. Anche questo atteggiamento dimostra quanto si sia prevenuti verso il nostro settore.

Tra le molte telefonate pervenute in redazione durante la trasmissione e tra gli interventi dei relatori intervenuti sono emerse denunce di comportamenti criminosi che, in defi nitiva, pur essendo in qualche modo ugualmente connessi alle imprese funebri, hanno fondamentalmente evidenziato forti responsabilità di altri soggetti, soprattutto del personale sanitario. In particolare voglio ricordare l’intervento lucido di un medico di Caserta che ha dichiarato pubblicamente che direzioni sanitarie, medici e personale sanitario sono a conoscenza di simili situazioni e che non si sta facendo tutto il possibile per risolvere il problema.

Feniof è stata ovviamente chiamata a esprimere il proprio pensiero al riguardo. Abbiamo manifestato l’avversione della nostra federazione a simili attività criminose. Credo però che, pur rammentando che sarebbe un errore “fare di tutte le erbe un fascio”, la costanza con la quale negli ultimi tempi si stanno rilevando simili criminose attività stia portando tutta l’imprenditoria funebre “sana” verso una impopolarità che renderà indifendibile ad oltranza la categoria.

È giunto il tempo in cui, con coraggio e con coscienza, chi crede nell’attività funebre e la esercita con passione e con impegno deve fare il possibile per contrastare chi, con il proprio operato illecito, affossa la categoria denigrando e sporcando il buon nome di tutti.

Ciò può avvenire sostenendo Feniof che, anche tramite il proprio impegno politico volto ad individuare normative e strumenti accessori per modifi care l’attuale situazione, lavora da più di quarant’anni per una maggiore qualifi cazione delle imprese funebri e per l’atteso riconoscimento da parte dell’opinione pubblica.

L’indagine avviata anche a livello giornalistico non si fermerà. Ciò è un bene perché evidenzia le problematiche e individua i responsabili. Ma è anche un male gravissimo perché, nel girone dei peccaminosi, fi niscono e fi niranno senza colpa anche impresari seri ed aziende che lavorano nel rispetto delle leggi, dei dolenti e, soprattutto, dei defunti.

È davvero arrivato il momento di fare qualcosa di concreto.