Riti funebri

 


IL JAZZ FUNERARIA DI NEW ORLEANS

Di Giovanni Primavesi



Molti conoscono i “jazz funerals” di New Orleans come una gioiosa cerimonia e, d’altra parte un esempio di come operano questi orchestrali in occasione di funerali che si svolgono in quella popolazione è stato dato anche nell’ambito della Th:Expo2003 di Carrara.

Come molte delle tradizioni della città , i jazz funerals hanno le loro radici nelle cerimonie Afro-Americane dei secoli scorsi. E come molte di queste tradizioni,il jazz funeral si è evoluto col tempo. La musica ed il corteo che erano al centro del rituale funebre sono stati influenzati dallo sviluppo del Dixieland e dal Brass Band jazz.

Il rito data dai giorni dello schiavismo. La gente camminava in mesto corteo cantando spirituals e inni tristi. Queste melodie si fusero poi con cantilene, preghiere e ritmi presi dall’Africa. Dopo la sepoltura, il ritorno a casa avveniva con toni più gioiosi e accompagnati da danze.

Col passare del tempo l’addio divenne una celebrazione della certezza che il defunto era passato in un mondo migliore, libero dal dolore e dalla tristezza e dalle sofferenze della vita dello schiavo.

Infatti un antico proverbio delle genti del sud recita:”You cry when you are born and rejoice when you die” cioè piangi quando nasci e sii allegro quando muori.

Gli spiritual e gli inni si sono tramandati da una generazione all’altra, evolvendo in suoni che influenzarono quello che cominciava ad essere conosciuto come jazz. Nello stesso modo la tradizione del corteo funebre continua ancor oggi.



Quando la veglia funebre aveva luogo in casa, la cerimonia solitamente iniziava qui, con i famigliari e gli amici che passavano delle ore cantando inni e spiritual, Oggi, invece, la cerimonia ha inizio con il servizio religioso, All’esterno della chiesa vi é una piccola banda che, nell’attesa di accompagnare il corteo verso il cimitero, suona a tempo di marcia.


Il corteo tradizionale è così composto: la salma, i famigliari,i musicisti ed i sacerdoti sono alla testa (la “prima linea”); il resto dei partecipanti formano quella che viene comunemente chiamata “la seconda linea”.



I musicisti sono fieri del loro abbigliamento. Essi indossano abito scuro, camicia bianca e cravatta a farfalla (…quasi come gli orchestrali della Scala…).


Di molto effetto la presenza del “Grand Marshal”(Grande Cerimoniere) che può essere un uomo o una donna, che indossa un “tuxedo” (abito scuro) oppure un abito a coda, il nome della banda scritto su una fascia bianca o grigia , elegantemente legata da una lato.





Lungo il percorso verso il cimitero, la banda suona inni funebri. I dolenti seguono sotto la direzione del “Grand Marshal”, ogni passo fatto in armonia con la pace del defunto. La gente che si assiepa su ambo i lati della strada sta nel più assoluto silenzio, rotto soltanto da qualche parola di ammirazione rivolta al defunto. Il corteo è triste e rispettoso del defunto con gli inni guidati dai lenti e riverenti passi del “Grand Marshal”.


Spesso il corteo passa dai luoghi favoriti dal defunto, quali la casa della sua famiglia, una scuola, una chiesa, ma anche un ristorante, un bar o semplicemente un angolo di strada. Qui, il corteo viene accolto dalla gente che rivolge l’ultimo saluto all’amico o solo al conoscente. Ad ognuno di questi posti, il Grand Marshal si stacca dalla banda, si porta al centro della strada compiendo un lento ed elegante giro su sé stesso, quindi si toglie il cappello che appoggia al petto in segno di massimo rispetto per il defunto.





Dopo il rito della sepoltura e l’uscita dal cimitero, un singolo squillo di tromba da il segnale del termine della cerimonia. Sulla via del ritorno il corteo viene accompagnato da allegri spiritual. I famigliari e gli amici vogliono così esprimere la loro gioia al loro caro passato a miglior vita. Coloro che seguono nella famosa “seconda linea” si uniscono a loro ballando nelle strade.

Musiche diventate famose, come “When the Saints (Go Marching In)” e “Didn’t He Ramble?” sono i “pezzi forti” che per tradizione fanno sempre parte del repertorio di ogni funerale.


Il jazz funeral non era un “simbolo” riservato alla razza nera, infatti altre comunità di New Orleans (quali quella Francese, Greca e Italiana)ne avevano fatto ricorso, anche se molto raramente.

In uno sforzo di preservare le tradizioni e tramandarle alle generazioni più giovani, dal 1960 vari e affermati musicisti propongono dei corsi per insegnare ai giovani musicisti gli inni,le canzoni e le tradizioni che riguardano i funerali. Una nuova generazione di musicisti si inserisce e adatta le tradizioni del funerale ai nuovi tempi.



Naturalmente anche su questa tradizionale cerimonia e la sua evoluzione vi sono considerazioni contrastanti. Qualcuno vorrebbe che le tradizioni venissero completamente rispettate e che la cerimonia si svolgesse come nei tempi andati. Altri, invece, considerano i cambiamenti come un normale segno del cambiamento, dell’evoluzione e dell’adattamento delle tradizioni.

Comunque, da qualsiasi lato lo si guardi, il jazz funeral è una tradizione ancora ben radicata,che è stata adattata ed è portata avanti dalle giovani generazioni.

Attualmente il vero jazz funerale ha luogo solo in caso di morte di un musicista o suonatore di jazz.



Nota: Le foto - volutamente realizzate in bianco e nero per meglio evidenziare i contrasti – si riferiscono a cerimonie svoltesi negli anni 1969/70.